L’opzione – dialettica o radicale – pare essere da sempre fra bianco e nero e colore. Oppure, messa diversamente, la questione riguarda la scelta fra tranquille e rassicuranti cromie e più accese alternative, comprese le relative implicanze psicologico-percettive-sensoriali-culturali; o ancora, in maniera colta, fra ragione e sentimento.
Ma alla fine talvolta potrebbe trattarsi di poco più che del variare delle mode, persino altamente intese come strumento di interpretare “lo spirito del proprio tempo”.
Resta che, dentro la cultura del progetto, il colore ha sempre rappresentato un’opzione forte (anche quand’era il bianco e nero) di volta in volta scelta come strumento profondo di espressione, bandiera ideale o polemica. In determinati contesti e momenti fare red, yellow and blue ha significato rivendicare purezza, rigore, astrazione in rivolta contro altri mondi e persone; così come scoprire che il grigio e perfino il bianco-Braun meritavano di essere travolti da gioiose e giovanilistiche cromie. O infine, e siamo ai nostri giorni, constatare che dopo l’ubriacatura dei bianchi, grigietti e marroncini del cosiddetto – nonché presunto – minimalismo, si poteva da una parte risvegliare l’immaginario degli anni pop, dall’altra perfino sdoganare la decorazione più esasperata. Si tratti di vintage, di riedizioni o di “ispirate” star del design contemporaneo, il colore (anche quando è bianco e nero) ha riconquistato la scena.