così io scrivevo sul domenicale del “sole 24 ore” nel 2007:
“Il design, i suoi temi e protagonisti hanno conosciuto negli ultimi anni una crescente esposizione sui media generalisti e new media, uscendo dall’ambito specialistico cui erano stati relegati o autorelegati. Un’esplosione d’attenzione non senza equivoci che spesso (fra)intende con il termine design cose assai differenti, anche un po’ alla moda, ma certo salutare per “uscire dal ghetto” e comunicarsi. Fra l’altro, ciò ha comportato una necessità di ripensamento e riposizionamento delle riviste di settore, oltre che l’invenzione di modi rinnovati di parlare delle questioni del progetto per la produzione. Testimonianza recente della prima esigenza, ad esempio, sono le nuove direzioni di storiche testate come “Domus” e “Abitare”, che dalla primavera saranno guidate rispettivamente da Flavio Albanese e Stefano Boeri, e per cui si prospettano significativi mutamenti di rotta editoriale e culturale. Ma non sono mancate altre modalità di inglobare il design in un approccio diverso e ampio. “Wallpaper”, ad esempio, non è una rivista dedicata in senso stretto, ma dalla sua nascita nel 1996 è stata riferimento per la comunità internazionale dei “creativi”; ha attratto importanti economie e il sostegno di numerose aziende. Tyler Brulé, che aveva ideato “Wallpaper” (lasciata nel 2002), si ripresenta ora con una nuovo magazine “Monocle”, il cui primo numero è in edicola in questi giorni (affiancato da sito e tv; editor Andrew Tuck, creative director Richard Spencer Powell, pubblicato da Winkontent di Londra), destinato di sicuro ad aprire a un inedito “punto di vista”. “A briefing on global affairs, business, culture & design” recita il payoff della testata di castigata grafica che reca in copertina un militare pilota d’aereoplano, omaggio al servizio d’apertura dedicato alla marina giapponese. In apparenza non proprio glamour (a differenza degli inserzionisti che sono i maggiori marchi della moda e qualcuno del design), in realtà la proposta è di un modo a largo spettro di guardare le questioni, muovendo dal generale/global per arrivare al particolare/design; all’insegna di un taglio giornalistico con lunghi servizi da leggere e una rigorosa scelta di contenuti (“free of PR-driven content”, dichiarano). A ben guardare poi si parla di Lego, di vending machine, di computer games scozzesi, di residenza a Rio e San Paolo, e ancora – passando per Pitti uomo – di cosa resta ancora da fare per essere Man of the moment. Per concludere con Edits, una selezione del meglio, dagli acquisti ai luoghi, all around the world. Se diversi ingredienti appaiono certo già noti è il modo di “confezionarli” che è abbastanza diverso, più controllato, riflessivo e cosciente, senza rinunciare a essere accattivante.”
Alberto Bassi su “sole 24 ore”, 2007
oggi 2014 così scrivono:
bene non resta che tenerne conto.