Fulvio Cinti, che è mancato qualche giorno fa a novantasei anni, merita un posto speciale nell storia del design italiano. Dalla fine degli anni Settanta con la sua rivista “Auto&Design” ha sostenuto, affiancato e divulgato in tutto il mondo la cultura del car design italiano, dando parola ai designer, costruendo sistemi di comprensione della specificità della linea italiana.
Fulvio poi è stato per me un amico. Mi chiese molti anni fa di collaborare alla rivista, scrivendo non di auto ma di design, di arredamenti, di oggetti e altro. Un giorno, assieme a Marco Fornasier, abbiamo progettato una rivista, certo controcorrente ai tempi delle firme e dei brand, che volevamo chiamare orgogliosamente Industrial design . Non siamo arrivati in fondo, ma è un ottimo ricordo che ci ha legati e di cui parlavamo assieme vedendoci.
Da tempo avevo immaginato di intervistarlo per farmi raccontare e lasciare traccia di “prima voce” di un protagonista che ha accompagnato cinquant’anni di storia del car design. Pensi sempre ci sia il tempo, ma non c’è stato.
Dieci anni fa scadeva uno dei decenni tondi della mia vita; lui aveva ottantacinque anni e venne da solo da Torino con la sua Alfa rossa alla mia festa di compleanno in Brianza, portando come un signore d’altri tempi delle rose per mia moglie, la padrona di casa. Fu un grande piacere e un onore: lui era così, un giovane ragazzo pieno di energie e passione per il proprio lavoro, le automobili, le persone.